Non può vivere bene chi non è in pace con il suo corpo.

Maria Raffaella Dalla Valle
IL DIARIO

sabato 22 agosto 2015

Alla scoperta della meraviglia del corpo vissuto: per una nuova filosofia e teologia del corpo


Ti senti in armonia con il tuo corpo? Sei consapevole che una buona relazione con la tua corporeità è indispensabile per il tuo stesso benessere spirituale e una piena attuazione della tua personalità e della tua vita di relazione?

La corporeità rappresenta una narrazione in atto della tua esistenza, ci pensi?
“Non sono né lo spirito né il corpo da soli ad amare: è l’uomo, la persona, che ama come creatura unitaria, di cui fanno parte corpo e anima. Solo quando ambedue si fondono veramente in unità, l’uomo diventa pienamente se stesso. Solo in questo modo l’amore — l’eros — può maturare fino alla sua vera grandezza. (Benedetto XVI, Deus caritas est, 5)

Il fatto che l’uomo sia “corpo” appartiene alla struttura del soggetto personale più profondamente del fatto che egli sia nella sua costituzione somatica anche maschio o femmina.
Giovanni Paolo II

“Può avere una personalità equilibrata solo chi vive in pace con il suo corpo”.
Jutta Burggraf

"La pratica del primo precetto della legge naturale, 'Ama il Signore Dio tuo', richiede la completa integrazione della propria sessualità, di modo che l’esperienza estatica dell’attrazione sessuale porti ad un’amorosa valutazione di se stessi e degli altri come persone, e non sia mai pervertita in una strumentalizzazione narcisista, di se stessi o dell’altro".
Robert A. Gahl, Jr.

IL TATTO

Il denudamento dell’altro sesso ci colpisce attraverso l’ascolto e la visione. Ma essa dischiude un passaggio al tatto. Niente di più strano. Si comincia con la contemplazione, si finisce con il palpeggiamento. Non è una caduta?

L’udito e la vista sono i sensi più nobili, i più oggettivi, i più aperti alla conoscenza, e per questo servono direttamente lo spirito. Tramite loro, insegniamo il vero e percepiamo il bello. Ma che cosa apprendo palpando?

L’amore più profondo implica tuttavia una dimensione tattile. Una madre troppo contemplativa farebbe star male il suo bambino. Potrebbe ammirarlo da lontano, fornirgli tutte le cure necessarie, certo, ma mai senza stringerlo contro il proprio corpo. Se tanto spiritualismo non uccide l’angioletto, si può essere certi che, più tardi, egli soffrirà di gravi disturbi, non stando mai fermo, alla ricerca della propria presenza. Non per nulla la Bibbia ordina di amare il proprio prossimo.


Cosa accade, dunque, quando tocco? Vengo io stesso toccato. Di questo libro che tenete tra le mani, anche se non è provvisto di sensibilità, dite che vi tocca, perché, «nel tatto, percepire un oggetto e percepire se stessi non sono distinti».

«Nello sguardo, il nostro stesso corpo ci risulta, in un certo senso, estraneo, e lo rimane. Posso vedere la mia mano come la vedono gli altri. Ma nessuno può sentire la mia mano come io la sento. Nell’atto di usarla, sento la mia mano come mia senza vederla».

Se fossi soltanto visivo, avrei bisogno del tempo per distinguere le mie gambe dalle vostre, nel caso ci trovassimo seduti vicini. Solo col tatto, io sento direttamente il mio corpo come mio.

E lo sento interamente, poiché il tatto non è localizzato in un organo, bensì diffuso attraverso tutta la mia stoffa carnale.

Così che avere il tatto più fine significa sentirsi e sentire il mondo più radicalmente di tutti gli altri animali e poter godere più profondamente di loro della propria presenza presso le cose.

A differenza della vista e dell’udito, il tatto mi coinvolge proprio in ciò che recepisco. Il tatto è il senso dell‘avventura. L’animale che è dotato del tatto più fine è dunque anche «il vivente più esposto ai rischi, il più avventuroso.
Fabrice Hadjadj

Questo e... tanto altro, prossimamente su questo blog!





A presto!

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