La Madonna dell’attesa in Santa Maria dei Servi a Bologna
(Vitale da Bologna, 1349‐1360)
La spinta naturalistica dell’arte toscana “coprirà” il bambino lasciando vedere la Madonna da sola ma come “velo” e “scrigno” del Verbo eterno. Lo schema occidentale richiama così un Verbo non ancora “manifestato”, un Verbo “che ancora non parla”. E’ l’ossimoro iconografico conosciuto come Verbum infans. Esso esprime il mistero del nascondimento di Dio. Perciò il libro è ancora chiuso. Il libro è simbolo di Cristo ma più esattamente ancora è simbolo di quel Verbo che prende carne in Maria. La materialità del libro è Maria stessa che contiene e nasconde la visibilità del Verbo. Virgo liber Verbi, dice una oratio del primo Medioevo. L’apertura “verginale” del libro coinciderà con il “dare alla luce” il Verbo. Perciò questa immagine pone lo spettatore in una condizione di attesa. E’ l’icona dell’Avvento per eccellenza.
Nel caso di Vitale da Bologna il libro è arditamente adagiato sul basso ventre di Maria che tiene le gambe leggermente allargate. Questa posizione fa pensare all’immediatezza del parto. Al tempo stesso, come sottolinea Ronchi, “le mani sono abbandonate sulle ginocchia in quella dolce spossatezza che coglie le madri in attesa” (E. Ronchi, in La Madonna nell’attesa del parto, Milano 2000, 37).
Il tempo è compiuto. L’attesa volge al suo fine.
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