Si vede da lontano come una tempesta...
La sindrome di Burnout (essere bruciati) è uno stato di stress cronico legato al lavoro. Si riscontra in particolare nelle professioni al servizio degli altri, come nel settore sanitario (infermiere, medici, psicologi), educatori, poliziotti, e anche nei sacerdoti. Non esiste consenso nel considerarla una malattia diversa alla depressione e alcune delle manifestazioni sono simili. Più che l’eccesso di lavoro, la causa sembra di essere un non trovare senso a quanto si fa, e non farlo con gioia e senso di missione e servizio. Anche la mancanza di un lavoro o fare attività che appaiono inutili portano ad uno stato simile. La motivazione quindi è fondamentale per prevenire. La fede e una prospettiva soprannaturale sono di aiuto. I tre elementi più specifici, che si presentano come tappe successive, sarebbero:
1. Esaurimento
emotivo: le persone pensano di non poter più darsi agli altri, e che fanno già
troppo; appare l’indifferenza verso gli appelli di coloro che soffrono.
2. Depersonalizzazione
o cinismo: si esperimenta una reazione negativa verso chi chiede aiuto e verso
il lavoro, e una sfiducia continua verso gli altri e le loro motivazioni.
3. Scarsa
realizzazione personale nel lavoro o inefficacia: c’è una valutazione negativa
della propria realizzazione accompagnata di apatia e senso di inadeguatezza per
svolgere i compiti richiesti.
Un fattore causale, a livello personale, è il
perfezionismo. Di solito sono persone auto-esigenti, con scarsa tolleranza alla
frustrazione e che tendono a fare di più di quello che possono. Influiscono
molto le aspettative distorte: troppo basse o non raggiungibili, che portano ad
uno stato di stanchezza fisica ed emozionale. Le caratteristiche
dell’istituzione o la compagnia per la quale si lavora sono anche rilevanti:
può darsi una sovraccarica di lavoro, ricompense insufficienti, assenza di
equità, conflitti di valore, ecc.
Di fronte ai primi sintomi di Burnout, è importante aiutare le persone a
lavorare con orari stabiliti e che sappiano riservare momenti per esercitare
altre attività, micro-pause dal lavoro, riposare facendo altre cose, imparare a
comunicare le proprie emozioni e condividerle, non provare sempre a risolvere
tutti i problemi degli altri, ecc. Se c’è perfezionismo bisogna agire su di
esso: adeguare quello che ci si aspetta dalle circostanze, sopportare il fatto
di lasciare cose non finite, chiedere aiuto, collaborazione, capacità di
delegare, sopportare (voler bene) i difetti degli altri, rispettare e prevedere
tempi d’esercizio o riposo, dedicare un tempo alla valutazione del lavoro e
alle mete. Alle persone che presentano una specie di dipendenza dal lavoro è
necessario far capire la necessità di darsi un orario prestabilito e di avere
tempi di contemplazione e per altre attività di rilassamento.
A livello istituzionale, è utile migliorare il benessere dei lavoratori, curare
la loro preparazione professionale perché abbiano più sicurezza in quanto
fanno, diminuire le cause di stress, aumentare le comunicazioni. Fomentare il
senso di missione.
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