Non può vivere bene chi non è in pace con il suo corpo.

Maria Raffaella Dalla Valle
IL DIARIO

giovedì 24 agosto 2017

Giovanni Zaccaria, Liturgia & Vita (Ita)






Leggi lo studio:

Giovanni Zaccaria, La liturgia: presenza della gloria di Dio






Liturgia & Vita

Se la liturgia è innanzitutto comunicazione della vita, esiste però anche il rischio di viverla in maniera deformata: il ritualismo, quell’atteggiamento superficiale che mette al centro dell’interesse l’esteriorità e l’apparenza, senza addentrarsi nel mistero che dà la vita. Esso dimentica che «la liturgia rinvia alla vita quotidiana, a me nella mia esperienza personale». Quando il rito diventa una cosa esteriore, si prosciuga, si chiude in sé stesso e si trasforma in routine. L’esperienza routinaria rovina la vocazione eucaristica dell’essere cristiano verso la totale identificazione sacramentale con il Verbo incarnato e il suo Mistero pasquale: «La contemporaneità con la Pasqua di Cristo, che ha luogo nella liturgia della Chiesa, è anche una realtà antropologica. La celebrazione non è solo rito, non è solo un “gioco” liturgico, essa vuole essere [...] trasformazione della mia esistenza in direzione del Logos, contemporaneità interiore tra me e l’offerta di Cristo. La sua offerta vuole diventare la mia, perché la contemporaneità si compia e avvenga l’assimilazione con Dio».
Al contrario, quando la liturgia è compresa in tutta la sua profondità teologica, e la sua celebrazione è esperienza viva che coinvolge la vita personale, la liturgia opera nei fedeli una trasformazione straordinaria: il fedele si trasforma in «alter Christus, ipse Christus». Grazie alla liturgia noi viviamo la vita divina, in modo tale che veniamo costituiti sacerdoti della nostra stessa esistenza, per poter trasformare tutti gli istanti della giornata in una «continua Eucaristia».
Se la liturgia fosse Dio che agisce per sé stesso, non avrebbe alcun interesse per l’uomo. Se fosse l’uomo che agisce per sé stesso, non avrebbe alcun valore. Ma poiché è un’azione di Dio che coinvolge l’uomo e lo divinizza, allora deve necessariamente avere delle ricadute sulla vita del singolo, altrimenti non avrebbe alcun senso. Lo splendore del popolo di Dio di cui parla Papa Francesco può giungere a illuminare ogni istante della nostra vita perché noi veniamo costituiti sacerdoti della nostra stessa esistenza. Noi veniamo convocati alla presenza della gloria di Dio perché da lì lo portiamo in tutti i luoghi della nostra vita quotidiana. La vita ordinaria, le relazioni famigliari, il lavoro non sono contro Dio, ma sono il luogo in cui adorare Dio. Sant’Ireneo afferma: «La gloria di Dio è l’uomo vivente, ma la vita dell’uomo è vedere Dio»: la vera adorazione di Dio è la vita stessa dell’uomo che vive secondo giustizia, ma essa diventa vita vera solo se riceve la sua forma dallo sguardo rivolto a Dio. Il culto serve proprio a offrire questo sguardo e a dare così la vita, che diventa gloria per Dio.

Lo studio è stato gentilmente concesso dalle Edizioni Ares che fino al 31 agosto hanno il 40% di sconto su tutti i libri.


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