Non può vivere bene chi non è in pace con il suo corpo.

Maria Raffaella Dalla Valle
IL DIARIO

giovedì 31 agosto 2017

L'amore passa dalle mani: il tatto














IL SENSO DEL TATTO
Da Joseph Pieper, Sulla temperanza.

La temperanza si riferisce principalmente al piacere connesso al senso del tatto, dice san Tommaso d'Aquino; temperantia est circa delectationes tactus1. Al senso del tatto però sono congiunti anche sia il piacere sessuale come il piacere del cibo e della bevanda2.
Dato che è molto facile rimanere alla superficie di queste espressioni prendendole in un senso troppo letterale e falso, travisandone grossolanamente il significato, riteniamo necessario far rilevare che esse hanno una profondità a prima vista inaspettata.
Il tatto, secondo san Tommaso (e secondo Aristotele), occupa tra i sensi un ruolo d'eccezionale importanza. Non è uno qualunque dei sensi, ma è «il fondamento degli altri sensi»3; «tutti gli altri sensi si fondano sul tatto»4. Nel senso del tatto consiste precipuamente (principaliter) l'intera natura sensitiva5. Per questo senso, prima che per ogni altro, un essere ha la vita sensitiva, per esso si dice che è animale". Dov'è assente il tatto, non esiste vita sensitiva alcuna7. Questo è il primo punto da rilevare.
Secondo punto: «Tra tutti gli animali, l'uomo è quello che possiede il tatto più sicuro»8. «Ci sono animali che hanno una vista più acuta, un udito e un olfatto migliore che non l'uomo. Tra tutti gli animali però l'uomo si distingue
per una percezione sensoriale superiore»9.
Terzo punto: «Tra gli stessi uomini hanno facoltà intellettive migliori quelli che sono anche dotati di un tatto migliore»10. «Si potrebbe pensare che la capacità intellettuale di un individuo debba corrispondere prima alla bontà del senso della vista che non a quella del tatto, perché la vista è il senso più spirituale, ed è ancora la vista a saper meglio distinguere tra cosa e cosa... Ma è necessario dire che il talento di un individuo è più conforme alla bontà del tatto... perché il tatto è il fondamento degli altri sensi...
Ne segue che gli individui dotati di un tatto migliore hanno anche una natura dotata di una sensibilità superiore in senso assoluto e conseguentemente anche un'intelligenza più perspicace. Infatti, la bontà della percezione sensoriale è il fondamento della bontà dell'intellezione.
Ma dal fatto che un individuo possiede un udito migliore non consegue che sia anche dotato di una sensibilità migliore in senso assoluto, ma solo in senso relativo»11.
Questi tre rilievi, sorprendenti e graditi come la scoperta di un tesoro, è stato bene ricordarli qui unicamente per avere un punto di riferimento.
Non ha molta importanza, in rapporto a questo lavoro, quanto può pensare in materia la moderna psicologia della sensazione. Del resto le questioni e le relative soluzioni proposte da san Tommaso, come si potrà facilmente rilevare dai trattati, sono così lontane da quelle oggi correnti, che non presentano tra di loro alcun punto in contrasto.
Però è sommamente importante rendersi conto che, secondo l'opinione di san Tommaso d'Aquino, la virtù della temperanza, soprattutto nelle sue forme primarie di castità e di continenza, prende di mira la radice stessa del processo della vita sensitivo-intellettiva.
La temperanza è destinata, quale reggitrice ed ordinatrice, ad applicarsi alle profondità originanti e fontali dell'essere, dalle quali inesauribilmente trae vita e sviluppo la fisionomia dell'uomo morale.

Dominio sulla sofferenza

Su un piano concettuale, in rapporto alla temperanza, viene ora alla luce un altro concetto, il cui nesso con essa è rimasto finora del tutto nascosto.
Il tatto è l'organo della sofferenza12. E il dominio dello spirito sul piacere connesso al senso del tatto comporta un analogo dominio sulla sofferenza.
La «disciplina», cosi si esprime Ernst Jünger nel suo interessante trattato Sulla sofferenza, non ha altro scopo che questo: mantenere la vita in contatto ininterrotto con la sofferenza e quindi nella pronta disposizione «ad inserirsi e ad impegnarsi in qualsiasi momento nella compagine di un ordine superiore»13. Ora è pur sempre verissimo che la fisionomia militaristica e; rigida del concetto jüngeriano di disciplina si differenzia nettamente dal concetto cristiano di temperanza. Mai infatti sarà possibile a Jünger condividere l'opinione di san Tommaso espressa nella frase seguente: «Fine e norma della disciplina è la beatitudine»14. Tuttavia, se noi analizziamo il concetto cristiano di temperanza visto nella fattispecie della sofferenza, ci appare dietro al suo primo aspetto di allegrezza spontanea e creaturale, un volto più severo, dai lineamenti decisi, improntati alla risoluzione di sacrificare il creato per amore del suo Creatore. Ma anche questo volto severo e teso risplende di una serenità fiduciosa e assenziente, che supera infinitamente qualsiasi   ingenua   letizia per la creazione.




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Per chi è curioso e/o cristiano è interessante questa riflessione di Mauro Leonardi:
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