IL SENSO DEL TATTO
Da Joseph Pieper, Sulla temperanza.
La temperanza si riferisce principalmente al piacere connesso al senso
del tatto, dice san Tommaso d'Aquino; temperantia
est circa delectationes tactus1. Al senso del tatto però sono congiunti
anche sia il piacere sessuale come il piacere del cibo e della bevanda2.
Dato che è molto facile rimanere alla superficie di queste espressioni
prendendole in un senso troppo letterale e falso, travisandone grossolanamente il
significato, riteniamo necessario far rilevare che esse hanno una profondità a prima
vista inaspettata.
Il tatto, secondo san Tommaso (e secondo Aristotele), occupa tra i
sensi un ruolo d'eccezionale importanza. Non è uno qualunque dei sensi, ma è «il
fondamento degli altri sensi»3; «tutti gli altri sensi si fondano sul tatto»4.
Nel senso del tatto consiste precipuamente (principaliter)
l'intera natura sensitiva5. Per questo senso, prima che per ogni altro, un
essere ha la vita sensitiva, per esso si dice che è animale". Dov'è assente
il tatto, non esiste vita sensitiva alcuna7. Questo è il primo punto da
rilevare.
Secondo punto: «Tra tutti gli animali, l'uomo è quello che possiede il
tatto più sicuro»8. «Ci sono animali che hanno una vista più acuta, un udito e
un olfatto migliore che non l'uomo. Tra tutti gli animali però l'uomo si
distingue
per una percezione sensoriale superiore»9.
Terzo punto: «Tra gli stessi uomini hanno facoltà intellettive
migliori quelli che sono anche dotati di un tatto migliore»10. «Si potrebbe pensare
che la capacità intellettuale di un individuo debba corrispondere prima alla
bontà del senso della vista che non a quella del tatto, perché la vista è il
senso più spirituale, ed è ancora la vista a saper meglio distinguere tra cosa
e cosa... Ma è necessario dire che il talento di un individuo è più conforme
alla bontà del tatto... perché il tatto è il fondamento degli altri sensi...
Ne segue che gli individui dotati di un tatto migliore hanno anche una
natura dotata di una sensibilità superiore in senso assoluto e conseguentemente
anche un'intelligenza più perspicace. Infatti, la bontà della percezione
sensoriale è il fondamento della bontà dell'intellezione.
Ma dal fatto che un individuo possiede un udito migliore non consegue
che sia anche dotato di una sensibilità migliore in senso assoluto, ma solo in
senso relativo»11.
Questi tre rilievi, sorprendenti e graditi come la scoperta di un
tesoro, è stato bene ricordarli qui unicamente per avere un punto di
riferimento.
Non ha molta importanza, in rapporto a questo lavoro, quanto può
pensare in materia la moderna psicologia della sensazione. Del resto le
questioni e le relative soluzioni proposte da san Tommaso, come si potrà
facilmente rilevare dai trattati, sono così lontane da quelle oggi correnti,
che non presentano tra di loro alcun punto in contrasto.
Però è sommamente importante rendersi conto che, secondo l'opinione di
san Tommaso d'Aquino, la virtù della temperanza, soprattutto nelle sue forme
primarie di castità e di continenza, prende di mira la radice stessa del
processo della vita sensitivo-intellettiva.
La temperanza è destinata, quale reggitrice ed ordinatrice, ad
applicarsi alle profondità originanti e fontali dell'essere, dalle quali
inesauribilmente trae vita e sviluppo la fisionomia dell'uomo morale.
Dominio sulla sofferenza
Su un piano concettuale, in rapporto alla temperanza, viene ora alla
luce un altro concetto, il cui nesso con essa è rimasto finora del tutto
nascosto.
Il tatto è l'organo della sofferenza12. E il dominio dello spirito sul
piacere connesso al senso del tatto comporta un analogo dominio sulla
sofferenza.
La «disciplina», cosi si esprime Ernst Jünger nel suo interessante
trattato Sulla sofferenza, non ha altro scopo che questo: mantenere la vita in
contatto ininterrotto con la sofferenza e quindi nella pronta disposizione «ad
inserirsi e ad impegnarsi in qualsiasi momento nella compagine di un ordine superiore»13.
Ora è pur sempre verissimo che la fisionomia militaristica e; rigida del
concetto jüngeriano di disciplina si differenzia nettamente dal concetto
cristiano di temperanza. Mai infatti sarà possibile a Jünger condividere
l'opinione di san Tommaso espressa nella frase seguente: «Fine e norma della
disciplina è la beatitudine»14. Tuttavia, se noi analizziamo il concetto cristiano
di temperanza visto nella fattispecie della sofferenza, ci appare dietro al suo
primo aspetto di allegrezza spontanea e creaturale, un volto più severo, dai
lineamenti decisi, improntati alla risoluzione di sacrificare il creato per
amore del suo Creatore. Ma anche questo volto severo e teso risplende di una
serenità fiduciosa e assenziente, che supera infinitamente qualsiasi ingenua
letizia per la creazione.
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Per chi è curioso e/o cristiano è interessante questa riflessione di Mauro Leonardi:
L'amore passa dalle mani
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