Perché in un blog sulla corporeità parlo di virtù?
Perché si acquistano attraverso il corpo.
Una volta si chiamava santo colui che
viveva in modo eroico tutte le virtù. Dico una volta perché nonostante sia
un'idea ancora valida, va chiarita. Oggi, il sostantivo santo e virtù sono un po’
desueti.
Perché è necessario chiarire?
Perché per un certo periodo,
le persone pensando che molto dipendeva dal loro sforzo, "lottavano"
(per lo meno chi voleva dimostrare il suo amore per Dio) fino a vivere una
"coazione di sé su sé stessi" che li portava o crollare o a diventare
rigidi con l'illusione di poter diventare perfetti con le proprie forze ed in
piena autonomia.
Va anche commentata la
parola perfezione. Perfetto non è colui che non cade mai, ma colui che tende a
e raggiunge il fine, cosa ben diversa e … meno stressante. Possiamo permetterci
di sbagliare!
Questo spesso è stato conseguenza di un’educazione
volontarista. Oggi sembra che in un
clima relativista come questo, questo pericolo non ci sia, ma di fatto anche
Massimo Introvigne, esperto di nuova religiosità, dice che per esempio la
stessa morale new age è volontarista, perché si toglie Dio e
si pensa che da soli si può essere eterni e diventare Dio con la forza della
propria mente.
Vogliamo veramente essere perfetti come
chiede il Vangelo?
Penso convenga chiedere a Dio che ci
dia l'amore con il quale vuole che lo amiamo, che permettiamo alla grazia di
agire sulla nostra intelligenza e volontà trasformandoci e lasciando sempre più
spazio a Dio.
È vero che si tratta sempre di cercare
la perfezione, ma in un modo si mette l'accento su di sé ed il proprio lavoro
ascetico, con l'altro su Dio.
Accento su di sé
La santità è vivere eroicamente tutte
le virtù. C’è il rischio che, secondo l’antica etica del dovere, si diventi
ancora più volontaristi e a dover essere perfetti a tutti i costi (e la società
ci spinge a questo, eliminando la vulnerabilità). Le virtù che sono ea
quae sunt ad finem o fini prossimi, sono ricercate per sé stesse in
modo rigido che può diventare ossessivo, ed il circolo virtuoso
intelligenza che desidera e desiderio che ragiona è eliminato con una
coazione di sé su di sé.
E invece ci deve sempre essere carità
verso sé stessi -in quanto figli di Dio fatti come un prodigio-, gli altri e
Dio
Al giorno d’oggi, questo amore per sé
stessi si è perso, perché questo amore spinge al dono di sé mentre l’ambiente
tende a cercare di farci diventare autoreferenziali ed omogenei.
Accento su Dio e gli altri
Ci si rende conto che tutto è dono e
che siamo creature. Quindi non è importante tanto quello che facciamo, ma la
relazione che abbiamo con Lui, e quindi si ha più vita di preghiera ed
abbandono. La “lotta” per abbandonarsi alla volontà di Dio è un gioco tra
te e Lui e alla fine Dio ti fa il dono dell’abbandono. Sai che hai
qualche virtù e qualche no. Come ci insegnano gli antichi, la crescita in una
virtù fa crescere in tutte le altre e quindi invece di continuare a lottare
invano su quello che gli antichi chiamavano difetto dominante che tale
rimmarrà, si cresce nel resto, è un lavoro positivo e divertente che dà
flessibilità, gioia e pace, e nello stesso tempo aiuta a crescere in umiltà
perché è la persona a rendersi conto dei propri limiti, non perché te li dicono
gli altri. Ed si ha sempre più bisogno di Lui…
È Dio che dà a ciascuno il
proprio grado di santità e non spetta a noi volerne di più o di meno, a noi
spetta solo desiderare di amare, non pensare a quanto siamo buoni, e fare quel
poco che possiamo che è molto poco rispetto a quello che fa Lui, è un
allungargli il braccio. Ognuno di noi è un bicchiere con una determinata
capienza, non può esserne un altro. Non è la quantità ciò che importa, ma la
qualità del contenuto.
La sottoscritta, in seguito ad una visione che pensava solo all'eroismo nella virtù, era arrivata a non sopportarne più la parola, finché il mio professore di etica, a lezione ha fatto un semplicissimo schema che mi ha resa felice.
Virtù teologali
sono quelle che riguardano Dio: fede, speranza e carità.
Virtù cardinali
sono quelle che riguardano l'uomo:
Prudenza riguarda la prudenza.
Giustizia riguarda la volontà.
Fortezza riguarda l'appetito irascibile, ovvero la grinta per ottenere qualcosa.
Temperanza riguarda l'appetito concupiscibile, ovvero il dominio di sé.
Si è insegnato che queste ultime sono acquisite con la ripetizione di atti, ma fino ad un certo punto... sono anche infuse, e questa seconda parte viene dimenticata.
Invece, anche se manca la virtù che la persona non ha ottenuto col proprio lavorio, non è detto che non la possa ricevere in dono, anche se manca il substrato umano per manifestarla...
Perché?
La risposta è in questa piccola frase di Agostino d'Ippona in CCC 1809 che recita:
«Vivere bene altro non è che amare Dio con tutto il proprio cuore, con tutta la propria anima, e con tutto il proprio agire. Gli si dà (con la temperanza) un amore totale che nessuna sventura può far vacillare (e questo mette in evidenza la fortezza), un amore che obbedisce a lui solo (e questa è la giustizia), che vigila al fine di discernere ogni cosa, nel timore di lasciarsi sorprendere dall'astuzia e dalla menzogna (e questa è la prudenza) ». - Agostino, De moribus Ecclesiae catholicae, 1, 25, 46: PL 32, 1330-1331.
Santo è "colui che ha vissuto fino alle ultime conseguenze la chiamata ad essere pienamente sé stesso, secondo la stupenda originalità che il creatore ha posto in lui". - Giovanni Paolo II, 1.11.1986.
🎤 A chi è cristiano può interessare la meditazione di Giovanni Zaccaria, professore di Liturgia alla PUSC:
Amare tutti i fratelli, anche i nemici
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