Il corpo è (...) il segno di una unicità fatta carne da custodire
con tutte le gradazioni che l’amore — il gioco delle anime e dei corpi — sa
inventare:
una carezza, un abbraccio, un bacio, o soltanto un sorriso.
Soltanto così il corpo della
donna diventa per noi, eterni principianti della vita, una mappa che dobbiamo
imparare a comprendere con mani disarmate e occhi attenti. A volte capita di
intercettare nelle movenze di una donna una strana leggerezza che rende gesti e
sguardi di una stoffa rara, rivela e nasconde l’inizio o la pienezza di un
amore, uno stilnovo di parole e gesti. C’è molto di più da sapere sulla vita
nel corpo di una donna alle otto del mattino, senza trucco sugli occhi ancora
assonnati, che nelle pagine di cronaca, perché ogni elemento di quel corpo,
sinfonia di dettagli, non canta solo sé stesso ma l’unità profumata della vita
che vive quando ama ed è amata. Le ciglia sfarfallano, la luce esce dagli occhi
più pura, e inattesi animali si nascondono nelle membra, il cigno nel collo, la
tigre nelle gambe, i delfini nelle dita e i fenicotteri che cambiano colore,
dal bianco al rosa, nel viso. Il corpo di
una donna può contenere tutto il cosmo, per questo il racconto della Genesi
coglie nel segno, narrando che, dopo che tutte le cose furono fatte, il corpo
della donna fu modellato per ultimo, finale inatteso nel gran film delle
origini. Quel mistero di carne è la sintesi di tutte le cose
precedenti, il compimento e superamento di tutta l’opera fatta. Chiunque avesse
sfregiato quel corpo avrebbe rovinato anche alberi, corsi d’acqua, orbite
celesti, ordine delle stagioni e tutte le relazioni che da quel corpo
dipendono. Così se viene ferita la donna viene ferita tutta la realtà, e non
per un sentimentale luogo comune, ma perché se il corpo capace di albergare e
dare la vita viene avvelenato, la vita tutta è avvelenata, come un fiume alla
fonte.
Alessandro D'Avenia, "Corpi"
espiatori.
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