Non può vivere bene chi non è in pace con il suo corpo.

Maria Raffaella Dalla Valle
IL DIARIO

sabato 13 ottobre 2018

Il corpo e la bellezza di Armand Puig i Tàrrech (Ita)



Sotto alcuni brani di uno dei saggi della mostra alla Venaria Reale di Torino, tenutasi nel settembre 2010: "Gesù. Il corpo. Il volto nell'arte" curata da Timothy Verdon e organizzata dall'Associazione Sant'Anselmo - Imago Veritatis in occasione dell'ostensione della Sindone. È stato pubblicato quasi integralmente dall’OR e fa parte del catalogo (Cinisello Balsamo, Silvana editoriale, 2010, pagine 336).

La scoperta dell'amore in un mondo dominato dalla superficialità 

Cos'è e cosa significa il corpo in un mondo che ne è affascinato? Una riscoperta antropologica liberante? Una forza vitale senza sosta? Una fonte di commercio e di denaro? Il mio "io" nella sua forma più meravigliosa e piacevole? Il fondamento di una corporeità che si inoltra sulle vie dello spirito? È difficile accordare una risposta a queste domande. La riflessione nel salmo 8, innescata secoli fa, non ha perso la sua gravità: "Cos'è l'uomo perché te ne ricordi? Cos'è il figlio dell'uomo perché te ne curi?". Ma subito lo stesso salmista accenna una parola sapiente: "Di gloria e d'onore lo hai coronato". L'uomo, tutto quello che è (le sue facoltà, anche il suo corpo), tutto è glorioso e degno. La corporeità non è una dimensione asservita dell'essere umano. Forse per ciò il salmo 40, nella versione greca dei Settanta, è stato ripreso nella Lettera agli Ebrei e messo nella bocca dell'Uomo per eccellenza. Cristo si rivolge così a Dio: "Un corpo invece mi hai preparato (...) per fare, o Dio, la tua volontà" (10, 5-7). Il corpo di Gesù non è dunque un accidente della storia ma l'ostensione luminosa dell'amore di Dio. Il volto di Gesù non è anonimo: attrae e domanda, consola e fa vivere, solleva e salva. In Gesù e per Gesù la corporeità è diventata un modo di essere di Dio stesso.
Nei decenni scorsi le abitudini personali sono cambiate. La vita umana è diventata più sedentaria, e il corpo viene obbligato a lunghi periodi di immobilità, è forzato ad adottare posizioni fisiche stancanti e nocive. È "normale" che il corpo si agiti giorno e notte, schiavo dei turni in un lavoro che non distingue tra giorni feriali e festivi. L'urgenza della produttività e del profitto squilibra la vita di molte persone. Nelle società occidentali, ma anche nelle economie emergenti (Cina, India), l'esaurimento ha sostituito la fatica. Il corpo resta senza capacità di reagire, non tanto per lo sforzo fisico quanto soprattutto per le tensioni estreme che deve assumere.
Dall'altra parte, il corpo ha molte possibilità per mantenersi e differire il momento in cui arriva la morte. In Europa, ad esempio, l'età media si è raddoppiata negli ultimi cent'anni; pure se in molti Paesi dell'Africa molte persone vivono la metà degli europei e in condizioni molto dure. Ma nella stessa Europa la qualità di vita oscilla, e non tutti possono vivere in modo degno il tramonto del proprio corpo. Nei centri storici e nelle periferie delle grandi città, ma anche nei quartieri ricchi e medi, ci sono tante persone anziane che vivono e muoiono nella solitudine. Nelle nuove strutture assistenziali, a volte non molto diverse dagli antichi cronicari, gli anziani sono soltanto "vecchi", cioè, persone considerate non produttive e accusate di consumare i mezzi economici dei più giovani. In modalità diverse, il corpo degli anziani è vittima dell'abbandono.

Nel caso dei giovani e degli adulti, costoro sono richiamati dal mercato a diventare adepti della "religione del corpo". Qui il corpo è vittima dello sfruttamento ideologico e commerciale. Il tema del corpo si situa ogni giorno al centro di tanti discorsi e decisioni, accanto ai temi affini (cibo, costumi, tempo libero), e in alcuni la fissazione per il proprio corpo porta addirittura a gravi problemi di salute. Il corpo non è più un affare privato, ma pubblico, e le persone vengono giudicate secondo il corpo che hanno: le anoressie e le bulimie manifestano in modo drammatico disagi crescenti di fronte al proprio corpo. D'altronde, sale la spregiudicatezza nei confronti del corpo, e molti si vantano di avere una figura non curata o volutamente "controculturale". E anche queste trasgressioni sono diventate parte di un mercato che ha universalizzato il corpo umano per renderlo fonte di guadagno. Il potente mercato del corpo promuove la convinzione che è possibile sfidare il passare del tempo e preservare il proprio corpo da un tempo che sfugge. Bisogna "essere belli" a tutti i costi. Il corpo non può infiacchirsi come luogo inesauribile di soddisfazioni. Il corpo indossa le vesti di guardiano del benessere della persona. Dà al corpo tutto quello di cui ha bisogno, e lui ti ricompenserà:  così la pensano in tanti.
La spirale di contraddizioni intorno al corpo si manifesta anche nei bambini. Da una parte, costoro dedicano molte energie allo sport, all'allenamento del proprio corpo, e lo sport pervade ogni ambito della loro vita, anche della vita di non pochi adulti. Per molti genitori il corpo dei figli è diventato una vera precedenza. Dall'altra parte, sale il numero di bambini con un corpo quasi deformato dall'eccesso di peso, e aumentano le cliniche specializzate in questo problema. C'è uno squilibrio che trascina anche i bambini, forse le persone più indifese oltre ai giovani, in un mondo globale. 

(…) Tuttavia, bisogna affermare che c'è posto per il corpo, e che questo è da riscoprire e da costruire in un mondo che continua a domandarsi:  "Cos'è l'uomo perché te ne ricordi?" (Salmi, 8, 5).
(…) Orbene, il Cantico dei cantici mostra che la sessualità umana si pone in termini di dialogo, che corpo e parola vanno insieme. La parola costruisce il rapporto veramente umano, essa è la messaggera del cuore, la sua vera interprete. Ma essa è anche l'interprete del corpo, dei suoi bisogni e delle sue mancanze, dei periodi della vita in cui il corpo vive nell'esaltazione e dei momenti di disagio e degrado. La parola è l'araldo della corporeità, la nera effigies del corpo, quella realtà personale che trascende la pura materia organica e mostra che il corpo è soggetto di eternità, capax aeternitatis.

(…) Il corpo ha dunque bisogno della parola e del cuore, che è la culla della parola. Senza il cuore e la parola, il corpo "materiale" sarebbe un piccolo, o grande, tiranno, che imporrebbe la sua dittatura. Il desiderio ("faccio quello che mi piace") e la disponibilità assoluta ("il corpo è mio, e ne faccio quello che voglio") si erigerebbero come i criteri dominanti di un signore capriccioso, il corpo, che vorrebbe dominare il cuore e la parola. Solo se il corpo diventa amico del cuore e della parola, smette di essere un dominatore autocrata e antipatico, uno che, in nome del benessere, rischia di rendere schiava la vita. Il corpo non può essere innalzato al di sopra di ogni altra realtà, né deve essere condannato a una sottomissione colpevole.
(…) Nel romanzo L'idiota di Dostoevskij uno dei personaggi domanda: "Ma quale bellezza salverà il mondo?". È chiaro che il mondo può essere salvato grazie alla bellezza. In modo simile, il corpo è riscattato dalla morte e dalla distruzione grazie alla bellezza che vi è iscritta da Colui che lo ha modellato, infondendogli l'alito di vita (Genesi, 2, 7). La possibilità di salvezza del corpo sgorga dalla sua bellezza. Il corpo è un dono divino avvenuto nel giardino dell'Eden, non è opera umana ma divina. La creazione è un'esplosione di bontà e bellezza, volute e ordinate da Dio, amico degli uomini.
Perciò tante volte si afferma che la vera bellezza è quella che scaturisce dall'interno della persona. Anzi, la bellezza può irradiare da un corpo non affatto bello, ma da un corpo che comunica quello che è più verace, la verità stessa. In un'occasione fra Masseo, uno dei compagni di Francesco, gli chiese perché tutti lo cercassero e gli ubbidissero visto che il suo corpo non era attraente: "Non hai il corpo bello, non avvantaggi gli altri in scienza, non sei nobile". Il poverello di Assisi rispose che Dio aveva scelto lui, "persona inutile e peccatrice", per confondere la bellezza del mondo e perché si capisse che soltanto da Dio venivano "ogni virtù e ogni bene". Il corpo più bello può non essere il corpo più attraente.
La fotografia del volto di una donna anziana, segnato dalle rughe, gli occhi stanchi ma vivi, la pelle inscurita dagli affanni, lascia intravedere prove e sofferenze, ma anche un'intimità di serena bellezza. Questo volto non è lontano da un'opera come quella del Cristo coronato di spine di un seguace del Beato Angelico, in cui il volto di un uomo colpito dalle aggressioni e coperto di ingiurie, non si rifugia nell'odio ma ha uno sguardo di misericordia e perdono. Il volto dell'anziana e di Cristo sofferente provocano repulsione soltanto quando la bellezza viene concepita come qualcosa di esteriore. Ma la bellezza esordisce quando si vive l'unione tra le persone, quando si è capaci di guardare negli occhi dell'altro, quando ci si avvicina a un uomo che lotta per la vita, quando l'amore diventa il cuore del mondo. Allora, il corpo viene salvato dall'amore, da una gratuità che non pone limiti.
La bellezza del corpo si manifesta senza condizioni nel giardino dell'Eden. Infatti la persona umana è creata senza nessun vestito che la copra. La bellezza originaria non è ancora ferita da nulla, e perciò l'uomo e la donna non devono vergognarsi di nulla.

(…) Il male, sempre, fa sparire la bellezza, e allora il corpo si deve coprire, incapace di resistere al sentimento di vergogna. Quando la bellezza e la bontà si separano, la nudità diventa scomoda. Ma, al contrario, se bellezza e bontà trionfano, se la donazione brilla nel buio di un mondo che invita a salvarsi da se stesso, allora si manifesta il corpo nudo di Colui che dà la vita, l'Uomo senza colpa, crocifisso ed esposto dinanzi tutti.

(…) Ci si può chiedere perché Gesù abbia orientato la sua attività verso i corpi di quelli che cercavano guarigione. Infatti l'attività di Gesù si divide in due grandi campi: parole (insegnamenti) e fatti (guarigioni ed esorcismi). Gesù è un maestro ma anche un taumaturgo. Il corpo diventa per lui una scelta costante.

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Il corpo e la bellezza di Armand Puig i Tàrrech

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