
L’io della donna, dell’uomo ed il corpo
“Essere donne vuol dire che il corpo è così intimamente legato al proprio io da condizionarne e travolgerne le inclinazioni. Se si è insoddisfatte di se stesse, gran parte della colpa è facilmente imputabile al proprio corpo (…) Alla stessa stregua, si se è depresse a causa del corpo, la stima di sé andrà a farsi benedire. Nelle donne la stima del corpo e la stima di sé sembrano marciare di pari passo. Negli uomini questo non sempre è vero. La maggior parte di coloro che disprezzano il proprio corpo disprezzano anche se stesse. O forse quelle che disprezzano se stesse ugualmente provano avversione per il proprio corpo? E’ come chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina”.
Marcia Germaine Hutchinson, Trasformare l’immagine del corpo, Red.
Quale io : L’io potente, l’io ipertrofico, il distacco dall’io?
Moshe Feldenkrais ha scritto un libro intitolato L’Io potente, il che può essere frainteso. Perché?
Perché in passato in una visione poco corretta del Cristianesimo si è parlato di distacco dall’io, creando non poca confusione nelle persone ed conducendole, alcune volte, ad ammalarsi.
Il nostro io è un io corporeo e non ci si può distaccare da esso. Trascenderlo ed identificarsi con l’Amato invece sì, il che è cosa diversa.
Mi spiego: A volte le persone non integrano la loro corporeità con intelligenza e volontà. MacIntyre, nel suo libro Animali razionali dipendenti,sottolinea molto il valore “dell’animalità”: Alcuni filosofi “hanno sottovalutato l’importanza del fatto che i nostri corpi sono corpi animali, con l’identità e le continuità di corpi animali, e non sono riusciti a capire che in questa vita noi non semplicemente abbiamo, ma siamo i nostri corpi. Altri commentatori l’hanno capito. E san Tommaso, che aveva letto sia Aristotele sia il corrispondente commento di Averroè, poteva dire che “dal momento che l’anima è parte del corpo dell’essere umano, l’anima non è l’intero essere umano e la mia anima non corrisponde al mio io” (Commento alla Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi XV, 1, 11- p. 8 del libro).
“È questa una dottrina che quanti di noi oggigiorno si identificano con la tradizione aristotelica devono forse andare a rispolverare, rileggendo magari quelle ricerche fenomenologiche che hanno portato Merleau-Ponty a concludere tra l’altro che io sono il mio corpo. Dimenticare la dimensione animale della nostra umanità non è evidentemente l’unico motivo che impedisce di cogliere il dato del dolore e della dipendenza. Aristotele stesso accettava due tipi di comportamento che ostacolavano la percezione di queste realtà. Innanzitutto, se pur si rendeva ben conto che è molto difficile acquisire la razionalità pratica senza alcune peculiari esperienze – al punto da scrivere che – quanti hanno esperienza riescono anche meglio di coloro che posseggono la teoria senza la pratica”.
“Non è soltanto, come ho già detto, che i nostri corpi siano corpi animali con l’identità e le continuità dei corpi animali. L’identità umana è in primo luogo, se non addirittura soltanto, corporea e di conseguenza è un’identità animale, ed è in riferimento a quest’identità che le continuità delle nostre relazioni con gli altri sono parzialmente definite. Tra le varie malattie che ci affliggono ci sono quelle che alterano queste continuità – amnesie o turbe della memoria, per esempio, o situazioni di sfiguramento, che impediscono agli altri di riconoscerci – così come quelle che ci rendono disabili in altri modi”.
Da Robert A. Gahl, Jr.,Animali razionali dipendenti sessualmente differenziati: un approccio all’io umano relazionale (punto di vista etico):
Scarica dalla sezione: Animali razionali dipendenti
“La pratica di quello che l’Aquinate chiama il primo precetto della legge naturale, “Ama il Signore Dio tuo”, [1] richiede la completa integrazione della propria sessualità, di modo che l’esperienza estatica dell’attrazione sessuale porti ad un’amorosa valutazione di se stessi e degli altri come persone, e non sia mai pervertita in una strumentalizzazione narcisista, di se stessi o dell’altro”. [2]
“Così come la teoria del genere ha portato la filosofia femminista al punto di partenza, negando l’importanza della diversità sessuale, allo stesso modo anche certe teologie cattoliche della differenza sessuale terminano con l’implicazione di un’antropologia androgina”.
“MacIntyre ed i teorici del genere, tuttavia, sostengono entrambi che la filosofia morale moderna presuppone un’antropologia inadeguata per quanto consideri l’agente umano come un io disincarnato (disembodied), autonomo e perfino neutro”.
[1] ST 1.2.100.3., ob. 1 e ad 1.[2] Per il ruolo fondamentale dell’attrazione sessuale nell’incrementare lo sviluppo delle nostre capacità relazionali, vedi l’opera di Vladimir Solovëv, come descritto da Gabriel Chalmeta in “Aristotele e Solovëv sul significato dell’amore,” Acta Philosophica, 2, 2000, pp. 277-285, Max Scheler, Pudore e sentimento del pudore, Napoli, Guida, 1979; e Karol Wojtyla Amore e Responsabilità, Roma, Marietti, 1977.
«Iddio ha creato l'uomo maschio e femmina, l'uno e l'altra a propria immagine. Solo quando le rispettive caratteristiche maschili e femminili sono pienamente sviluppate, si raggiunge la massima somiglianza possibile col divino, e solo allora la comune vita terrena viene tutta potentemente compenetrata dalla vita divina». - Edith Stein, La donna.
Da Alcuni aspetti della meditazione cristiana o Orationis formas (1989),19:
Dovrà perciò essere interpretata rettamente la dottrina di quei maestri che raccomandano di “svuotare” lo spirito da ogni rappresentazione sensibile e da ogni concetto, mantenendo però un’amorosa attenzione a Dio, così che rimanga nell’orante un vuoto che può allora essere riempito dalla ricchezza divina. Il vuoto di cui Dio ha bisogno è quello della rinuncia al proprio egoismo, non necessariamente quello della rinuncia alle cose create che egli ci ha donato e tra le quali ci ha posti. Non vi è dubbio che nella preghiera ci si deve concentrare interamente su Dio ed escludere il più possibile quelle cose di questo mondo che ci incatenano al nostro egoismo. S. Agostino è su questo punto un maestro insigne: se vuoi trovare Dio, dice, abbandona il mondo esteriore e rientra in te stesso. Tuttavia, prosegue, non rimanere in te stesso, ma oltrepassa te stesso, perché tu non sei Dio: Egli è più profondo e più grande di te. ”Cerco la sua sostanza nella mia anima e non la trovo; ho meditato tuttavia sulla ricerca di Dio e, proteso verso di lui, attraverso le cose create, ho cercato di conoscere le “perfezioni invisibili di Dio” (Rm 1, 20)” (21). “Restare in se stessi”: ecco il vero pericolo. Il grande Dottore della Chiesa raccomanda di concentrarsi in se stessi, ma anche di trascendere l’io che non è Dio, ma solo una creatura. Dio è interior intimo meo, et superior summo meo(22). Dio infatti è in noi e con noi, ma ci trascende nel suo mistero (23).
20. Dal punto di vista dogmatico, è impossibile arrivare all’amore perfetto di Dio se si prescinde dalla sua autodonazione nel Figlio incarnato, crocifisso e risuscitato. In Lui, sotto l’azione dello Spirito Santo, prendiamo parte, per pura grazia, alla vita intradivina (… ) Mentre ci eleva, Dio è libero di “svuotarci” di tutto ciò che ci trattiene in questo mondo, di attirarci completamente nella vita trinitaria del suo amore eterno. Tuttavia, questo dono può essere concesso solo “in Cristo attraverso lo Spirito Santo” e non attraverso le proprie forze, astraendo dalla sua rivelazione.
Io–Dio in Benedetto XVI
La gioia e la bellezza di arrivare ad una conoscenza di sè attraverso la relazione con Dio e con l’altro che porta all’amore estatico, a contemplare l’altro. Il conoscere se stessi fatti come un prodigio con le proprie virtù e non virtù che senso ha se non nel riconoscersi come dono e dipendenti da qualcuno? Che abbiamo che non abbiamo ricevuto?
Ne consegue la vera umiltà, quella più profonda che richiede l’accettazione di una dipendenza del proprio io più intimo. Benedetto XVI scrive così: “nulla mi appartiene così poco quanto il mio stesso io, il mio io personale è il luogo del superamento di me stesso e del contatto con ciò da cui provengo e verso cui sono diretto”.
È bello e buono andare oltre la contrapposizione mio io – Dio che a volte si è vissuta vedendo solo l’io abbandonato a se stesso ed autoreferenziale con i suoi vizi, mentre invece l’io creatura viene rafforzato, esaltato, si arriva ad autocontemplarsi come prodigio di Dio e ci si identifica e ci si lascia plasmare da Lui!
La contrapposizione classica non è tra l’io e Dio ma tra l’io caduto (l’uomo vecchio) e Dio.L’unione con Dio sempre rende più perfetto l’uomo. Il cercare la gloria di Dio non può essere in contrapposizione con la propria felicità sarebbe contraddire la bontà di Dio.
Se ti interessa l’io nella narrazione leggi: Robert Gahl, Etica narrativa e conoscenza di Dio
Necessità di un’ascetica delle relazioni
“La vita nel senso vero non la si ha in sé da soli e neppure solo da sé, essa è una relazione. E la vita nella sua totalità è relazione con Colui che è la sorgente della vita. Se siamo in relazione con Colui che non muore, che è la Vita stessa e lo stesso Amore, allora siamo nella vita, allora “viviamo”. (Spe Salvi,27)
Da qui nascono, hanno senso tutte le altre relazioni.
Un nuovo linguaggio per l’ascetica
Ritengo molto interessante il nuovo linguaggio dell’ascetica, di Giovanni Paolo II e di Jutta Burggraf che invece di parlare di “lotta”, parlano di “lavoro su di sé". L’uomo è stato creato per lavorare ed il primo lavoro è su di sé!
Alcune riflessioni audio:
🎤 Autoreferenzialità e coscienza isolata
Se capisci l’americano ti consiglio di vedere questa video lezione di Christopher West (TOB):
🎬 Battle for the Body: Exorcising the Manichaean Demon and Reclaiming the Sacred Theology of our Body.
Per una terapia attenta alla globalità della persona
“Una nuova coscienza dell’unità della persona umana nella sua corporeità e nella sua spiritualità fa diventare urgente ovunque la ricerca di una terapia attenta alla globalità della persona”.
da Intervista a J. Ratzinger su Orationis Formas
Importanza del lavoro interdisciplinare nel far fiorire la vita spirituale
Se l’uomo è un’unità, i vari livelli influiscono l’uno sull’altro facilitandone o ostacolandone la crescita, lo sviluppo.
Giovanni Paolo II in Veritatis Splendor, 30 parla dell’importanza dell’interdisciplinarietà anche in ambito morale:
“Questa stessa luce e forza sollecitano la Chiesa a sviluppare costantemente la riflessione non solo dogmatica, ma anche morale in un ambito interdisciplinare, così com’è necessario specialmente per i nuovi problemi”.
Esempi di questo possono essere considerati quelli che ti propongo sotto, ma possono essere infiniti, di tutti i tipi, tanti quanti sono gli uomini, visto che ciò che fanno manifesta ciò che sono…
Che criterio seguire? Semplicissimo e facilissimo: “Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono“(1Ts5,16-24).
Per esempio:
* Il lavoro col metodo Feldenkrais che Norman Doidge descrive cosi🎬:
“Questa particolare sottolineatura sull'autoconsapevolezza e sul controllo dell'esperienza dipende in parte dall'incontro di Feldenkrais con l'aspetto meditativo delle arti marziali orientali, che lo ha reso un precursore della mindfulness diffusasi circa cinquant'anni dopo. Le intuizioni di Feldenkrais sono state confermate dal neuroscienziato Michael Merzenich, il quale mostrò che un cambiamento neuroplastico a lungo termine si verifica più facilmente quando una persona o un animale si concentrano sul processo di apprendimento. Nel corso di alcuni esperimenti Merzenich mappò i cervelli di animali prima e dopo compiti d'apprendimento diversi. Quando gli animali eseguivano il compito per ottenere un premio automaticamente, senza concentrarsi, le mappe cerebrali si modificavano, ma solo temporaneamente”.
· Moshe Feldenkrais, Befriend oneself
· Moshe Feldenkrais, Involve Your Entire Being
* La proposta della Mindfulness – Act nell’Etica di Robert A. Gahl (Pontificia Università della Santa Croce):
· 🎬Robert A. Gahl Jr.,Mindfulness, libertà e contemplazione
· What Kind of Story Would You Like to Live-Freedom vs. Addiction
Un lavoro di consapevolezza corporea che aiuta a vivere meglio
Ho sperimentato il Metodo Feldenkrais su di me ed all’inizio ho scoperto che era un ottimo metodo per imparare a riconoscere il volontarismo e imparare l’abbandono, il lasciarsi andare, almeno fisicamente. E poiché siamo un’unità, forse il cominciare a lavorare ad ogni livello aiuta a crescere più velocemente.
🎬Moshe Feldenkrais, Work Skilfully not Hard When Learning
Ovviamente va insegnato in modo che non porti ad un’ipertrofia dell’io e quindi durante le lezioni porto sempre l’attenzione a se stessi ma anche all’esterno, per es. al canto degli uccellini, al rumore, servirsi di battute perché le persone non siano troppo serie e concentrate, preoccupate più sul risultato che sull’ascoltarsi, conoscersi, accettarsi, imparare, giocare, esplorare nuovi modi di muoversi…
Inoltre, fare parallellismi con una buona formazione umana ed etica che penetrano molto nelle persone perché sono in una situazione ottimale di apprendimento.
Il Feldenkrais, come altre attività, viene usato per es. anche prima o durante l’apprendimento di una lingua o quello scolastico. Molte persone grazie a questo lavoro non violento, amorevole si abbandonano e sono disposte ad ascoltare, a fidarsi di più.
Infine: il guidare le lezioni di gruppo solo verbalmente aiuta le persone ad ascoltare modi diversi di dire e di spiegare le stesse cose, quindi a vedere ed a muoversi da diversi punti di vista evitando così l’eccessivo automatismo o meglio ancora il movimento ed il pensiero stereotipato.
🎬Moshe Feldenkrais, Be Aware when Learning
🎬Moshe Feldenkrais, On Learning Compulsion and Choice
🎬Michael Merzenich & Anat Baniel Discuss Brain Plasticity & Transformation
🎬Dr Michael Merzenich on Neuroscience, Learning and the Feldenkrais Method
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