Nell'agosto del 1977 Moshe Feldenkrais concludeva
con successo il suo primo corso americano di formazione sulla tecnica
dell'Integrazione Funzionale. (...)
L'ultimo giorno della formazione venne posta una
domanda estremamente sorprendente, e altrettanto sorprendente fu la risposta.
Durante l'ultima ora di corso uno studente, preso il coraggio a due mani,
chiese esitando: "Moshe, vorresti dirci in poche parole che cos'è
l'Integrazione Funzionale?"
Nonostante i tre anni di formazione e di discussioni, nessuno rise di quella domanda. Al contrario, calò un pesante silenzio, come a indicare che per quanto si fosse nella fase finale dell'apprendimento, quella stessa domanda, in un modo o nell'altro, era ancora nella testa di tutti.
Nonostante i tre anni di formazione e di discussioni, nessuno rise di quella domanda. Al contrario, calò un pesante silenzio, come a indicare che per quanto si fosse nella fase finale dell'apprendimento, quella stessa domanda, in un modo o nell'altro, era ancora nella testa di tutti.
Feldenkrais, un maestro dallo sguardo glaciale,
fissò la persona che aveva posto la domanda e, dopo qualche istante, emise un
grugnito di impazienza. Chiese a uno degli studenti, un tipo alto e sgraziato,
di alzarsi e di avvicinarsi a lui. Il maestro, rimanendo in piedi, di una testa
più basso dell'allievo, guardò verso l'alto, il petto, le spalle e la testa del
giovane, poi alzò le mani e, proprio come uno scultore, prese a modellare
quelle parti del corpo come fossero di mastice. Le sue mani si muovevano con
destrezza verso l'alto e verso il basso, andando a toccare la parte posteriore
del bacino, poi lo sterno, il bordo inferiore della gabbia toracica, la parte
posteriore della testa, la parte alta della schiena, la parte superiore
dell'addome. Con questi movimenti la postura dell'allievo cominciò a cambiare
come per magia. A tutti sembrò sensibilmente più alto, più diritto, più umano.
Dopo due minuti di questi movimenti dolci e abili delle mani, Feldenkrais fece
un passo indietro per vedere come quel corpo si era trasformato: ora stava in
piedi con una postura che si poteva definire addirittura eroica. Il giovane
sembrava positivamente colpito.
Allora Feldenkrais si rivolse alla persona che
aveva fatto la domanda e, quasi urlando, rispose: "È questa l'Integrazione
Funzionale!"
Se era straordinario che dopo tre anni di formazione si potesse ancora porre una domanda del genere, era ugualmente straordinario che Feldenkrais avesse risposto non "in poche parole" ma attraverso una dimostrazione silenziosa. Nella domanda e nella risposta si celava il mistero e l'evanescenza del sistema Feldenkrais, oltre che il punto nodale del suo genio: senza dire nulla, Feldenkrais aveva detto tutto sull'Integrazione Funzionale.
Che tipo di sistema è, allora, se non lo si può definire con le parole? Come fa a essere un sistema se non lo si può determinare verbalmente con precisione né definire con chiarezza? Un sistema è per definizione razionale e coerente, articolato in maniera precisa, altrimenti il suo impianto sistemico cadrebbe a pezzi. Per questo motivo si riesce a solidarizzare con lo studente che ha posto la domanda: se hai elaborato un sistema, perché non ci fornisci una definizione semplice della sua natura? Non era una domanda buttata lì. Anzi: era assolutamente intelligente e rifletteva lo sconcerto di uno stato d'animo che esige con passione dei chiarimenti.
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